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Racconto sensoriale: CORBEZZOLO E ASFODELO


Mi risveglia una folata di vento che si mette fra me e il sole. La luce è accecante, la primavera sta cantando con tutte le sue forze insieme alle rondini che stridendo mi passano vicino. Così vicino che potrebbero accarezzarmi il viso. Non so che ore sono, so solo che è pomeriggio e che devo essermi addormentata in una sosta durante la mia solita passeggiata su in collina. 

Riconosco il luogo in cui mi sono addormentata: una piccola radura fatta di alberelli di lentisco, già carichi di bacche dal profumo oleoso. Il verde e il rosso sono più vividi, più accessi, mi attraversano gli occhi, pungenti e dolci insieme. Sfioro la corteccia e ho la sensazione di fondermi con essa. La cosa mi porta a buttare fuori un urletto di meraviglia e subito sento la risposta di un verdone appollaiato poco distante su un perastro. E arrivata un’altra folata di vento che porta con sé il profumo della calendula che sta sfiorendo e colora di un giallo arancio la piana poco sotto di me. 

Chiudo gli occhi e sento distintamente il brulicare delle formiche che percorrono le loro autostrade. Tutto è amplificato e, quando riapro le palpebre, sono ricoperta di farfalle che aprono e chiudono le ali, in un ritmo perfetto. Posso leggere le nuvole, posso gorgheggiare con il cardellino e fischiare con il merlo. Tra me e i bruchi che stanno banchettando sulle foglie di malva non c’è alcuna separazione. Siamo parte di un unico disegno.



Mi percepisco un tutto con quel piccolo bosco, col cisto appiccicoso e gli asfodeli in fiore.

Oh, gli asfodeli! Ecco la mia merenda! Pinzo con le dita le punte bianche e rosa e me le porto alla bocca. Hanno il sapore di un fiore che, ancora chiuso, conserva tutto il suo potere, affinché io me ne possa nutrire. Ed è allora che in me lo stupore si amplifica: quando sento il suono dell’acqua che si fa strada tra le rocce. Seguo quel vocio di ondine, fino a trovarne la sorgente: nasce tra due enormi pietre grigie e morbide, circondate da immensi corbezzoli. Non ho mai visto degli alberi così alti! È l’acqua che li ha fatti diventare così imponenti. In me nasce il desiderio che si ricoprano di frutti, che quelle campanelle bianche e carnose diventino subito bacche saporite, cosa che accade nel breve tempo che impiego a raggiungere la sorgente per bere quell’acqua fresca e limpida. Ma come è possibile? Corbezzoli in primavera? Sono in un paradiso terrestre dedicato ai miei sensi? Potrei vivere qui, non mi serve più nulla se non l’unione con Madre Terra.

Qualcosa mi casca sulla fronte: che sia una bacca di corbezzolo? Mi risveglio, stavolta per davvero. Il sole si avvia al tramonto, davanti a me, perfetto come un tuorlo. È stato davvero solo un sogno? 

Mi alzo e, confusa, cerco di scrollarmi l’attaccaroba dai pantaloni… è fastidiosa, e ora non mi va di perdere tempo a levarmi di dosso ogni singola foglia. Mi fermo e cerco con lo sguardo quell’unione col tutto che ho vissuto in sogno. Mi rendo conto che è lì e che, se voglio, posso smettere di sognarla e, semplicemente, sentirla.

A quel pensiero, un cardellino si posa sul lentisco accanto a me. “Coraggio” gli dico “accompagnami giù, fino a casa”. Mi risponde con un trillo e poi parte, per farmi strada.



Testo di Carla Marcialis (carla_marcialis_)

Fotografia di Tamara Barbarossa



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