PEVERANO DI ROPPOLO E IL ROC DELLA REGINA
rubrica: Nella Terra delle Madri
Talvolta il folklore – e la Bellezza, la magia, la sacralità che esso porta – può essere ritrovato nei luoghi più inattesi. È proprio il caso del paesino di Roppolo con tutti i suoi piccoli borghi e frazioni.
La località Peverano (o Pavarano) custodisce più di un tesoro. Partendo da una piccola chiesetta dedicata a Santa Elisabetta, della quale oramai rimangono solo più le mura laterali ed una panca a ricordo di ciò che fu, si può raggiungere da una parte il monte Orsetto famoso per i ritrovamenti preistorici e dall’altra sentieri immersi in antichi boschi costeggiati da massi erratici con nomi suggestivi legati a narrazioni popolari incredibili che vanno di molto indietro nel tempo.
Mi affascina l’idea che i luoghi sacri siano creati dalla conformazione stessa della Terra. Questo è vero, sto scoprendo, per molti famosi santuari del Mediterraneo di epoca classica ed è ancora più vero per luoghi ancora più antichi come quelli che custodiscono la presenza di Massi erratici.
In Piemonte i Massi erratici, come quelli che si trovano a Roppolo, sono elementi distintivi della Serra Morenica, depositati sulla terra dal ghiacciaio Baltico nel periodo del Pleistocene, trasportati anche a grandissima distanza dall’avanzare dei ghiacci.
Dove i massi si sono depositati, i luoghi, nel corso della storia, sono stati considerati sacri. I massi stessi sono spesso stati usati come altari. A volte sono stati incisi, altre volte piccole o grandi coppelle sono state ricavate scavandone la superficie per depositare offerte o incanalare acqua o altri liquidi.
Roc d'la Reina La Tomba della Regina Camminando sui sentieri a Peverano di Roppolo, il masso erratico che si incontra è il Roc d'la Reina: la pietra della Regina o Tomba della Regina. Il folklore popolare infatti vuole, data la cavità larga e profonda presente sulla sommità, che questa fosse la tomba di una Regina di età barbarica. In realtà non c'è alcun elemento che sostenga che il masso sia stato utilizzato come tomba (nessun corredo, nessun coperchio, nessuna spoglia) anche se l'ipotesi non si può del tutto escludere. È peró quasi certa la sua funzione sacra e la tradizione del suo legame con la Regina è forte e molto radicata. Sulla pietra, attorno alla cavità che forma una sorta di piccola vasca, sono presenti sette coppelle rotonde con varie dimensioni che vanno dai tre ai sei centimetri. La tradizione vuole che in quelle coppelle la Regina riponesse i suoi strumenti di cucito (ditale, forbici e filo). Ci sono anche due piccole tacche rettangolari che, si racconta, potrebbero essere stati i fermi del coperchio della tomba. Altra narrazione vuole che l'acqua raccolta nelle coppelle acquisisse proprietà curative grazie al contatto con la pietra. Forse non sapremo mai il reale utilizzo di questo masso ma la memoria che custodisce ci parla di potere femminile e di guarigione, della sacra arte del tessere e del filare, e di riti di raccolta delle acque. La Regina è un titolo, un attributo, una memoria forse vaga che però diventa sostanziosa se penso che non è l'unica Regina di cui si vocifera in questi territori. Allora forse è un ricordo remoto, ma molto reale, di un'epoca in cui le donne erano Regine. Un'epoca matriarcale e matrilineare, chissà. Il fatto che le coppelle fossero considerate come scrigni per i suoi strumenti di cucito non mi sembra un dettaglio casuale così come la menzione del ditale, del filo e della forbice. Le Fatae, le Antiche Madri, tessono, filano e tagliano il filo della Vita e le donne, Regine e Sacerdotesse, ne replicano il gesto conoscendone la potente Magia ed il Mistero profondo sin dalle epoche più remote. È vero non so nulla di certo. Ma al cospetto di questa pietra penso a tutte le mani che l'hanno sfiorata, a tutte le persone che si sono fermate davanti ad essa ed hanno forse provato la stessa reverenza che provo io. Penso ai rituali che può aver ispirato. A tutta l'acqua che nei secoli ha raccolto e con cui le Antenate e gli Antenati si sono bagnati ricercando l'Armonia. Penso a tutto questo e a tanto altro e so che c'è un'eredità forse incerta ma profonda da rispettare e custodire, e forse almeno un po' tramandare con delicatezza e molto Amore.
Testo e fotografia di Valeria Aliberti.
Le stanze di Saffo: il sito.
Commentaires