La pergamena dei desideri (racconto)
rubrica: Racconti oltre il velo
Un giorno una donna riccamente vestita camminava sperduta per la brughiera senza più ricordare chi fosse. D’un tratto un ometto dall’aspetto bonario si ritrovò anch’egli a passare da quelle parti, sul lato opposto al cammino della donna. L’uomo trainava un carretto carico di giare in terracotta di ogni misura ma, nonostante la fatica, notò ugualmente quell’anima così spaurita, quindi le si avvicinò affabilmente domandando cosa le fosse accaduto.
Mira, questo era il suo nome, riferì di aver perduto una pergamena molto speciale dove, negli anni, aveva segnato tutti quanti i suoi desideri ma, da quando questa era scomparsa, uno alla volta, anche i ricordi avevano iniziato ad annebbiarsi fino a non sapere più chi fosse.
L’uomo non si scompose poi tanto per l’inconsueto racconto, le disse invece che desiderava aiutarla, quindi le offrì una delle sue giare, la più piccola, certo che in qualche modo l’avrebbe condotta alla risoluzione del problema. Dopodiché il viandante, in pace con la sua coscienza, proseguì lungo la via.
La donna, rimasta sola e un poco perplessa, scosse il vaso. Improvvisamente, dal suo interno, una vocina flebile si lamentò per essere stata strattonata così bruscamente. Allora Mira, incuriosita, scoperchiò la giara dalla quale venne fuori, tutta impettita, una minuscola figura femminile dalla pelle blu e le ali brillanti. Quella che appariva come una piccola fata la salutò ossequiosamente, annunciando che si trovava lì proprio per aiutarla a ritrovare la parte di sé perduta. Naturalmente Mira le parlò della pergamena e dei suoi ricordi sbiaditi. La fata, per tutta risposta, le disse che avrebbero dovuto raggiungere al più presto il castello Ho’omaopopo dove il Re che lo governava aveva indetto dei giochi proprio in suo onore.
Mira guardò sbigottita la fata per quell’insensata proposta. Per quale motivo un re a lei sconosciuto avrebbe dovuto indire dei giochi in suo onore? Non aveva alcuna intenzione di raggiungere quel fantomatico castello quindi protestò animatamente facendole notare con indelicatezza il fatto che lei fosse lì per aiutarla e non per giocare. La fata per nulla impressionata dai modi scortesi della donna, s’incamminò senza darle retta e a Mira non rimase che seguirla lungo la via già intrapresa dal buon uomo delle giare. Non molto tempo dopo giunsero alle porte del castello, il quale, con sorpresa della donna, apparve per incanto dinanzi ai loro occhi. Mira notò subito che i sudditi si trovavano tutti in un inconsueto stato di allegria e agitazione. Si apprestavano a raggiungere un grande palco allestito nei giardini del maniero reale. la smemorata, sospinta dalla fata, si accodò al corteo dove perse di vista la piccola guida alata, dileguatasi nella folla. Quindi Mira, giunta nei pressi del palco, si rese subito conto, con immenso stupore, che il buon uomo delle giare vi si trovava sopra. Questa volta però non mostrava un aspetto trasandato da viandante, indossava invece abiti regali con tanto di corona sul capo spelacchiato. Mira a quel punto emise un grido di sgomento, non tanto per aver scoperto che l’ometto che l’aveva soccorsa era un re, bensì perché srotolava tra le mani la sua pergamena dei desideri.
La donna a quel punto si trovò in un evidente stato di agitazione e, non sapendo che altro fare, chiese spiegazioni su ciò che stava accadendo ad una servetta che saltellava di gioia lì accanto. La giovane, intenzionata a non perdersi un solo istante dello spettacolo, le rispose che si trattava della caccia al tesoro dei desideri di una certa Mira e chiunque li avesse trovati per primo poteva tenerseli per sé.
La povera donna non ebbe nemmeno il tempo di contestare infatti il re, con voce poderosa, prese ad elencare uno dopo l’altro tutti i desideri presenti sulla pergamena: le perle pescate nell’oceano pacifico, la reggia, il cavallo prussiano, i rubini, gli abiti costosi, tutto ciò a cui Mira aveva sempre dato un valore inestimabile, tutto ciò in cui la donna s’identificava. La lista terminò e, come presi dalla frenesia, i partecipanti al gioco iniziarono a correre da una parte all’altra come fossero stati colti da pazzia. Mira pervasa dalla rabbia li inseguì uno per uno e, quando riusciva a raggiungerne qualcuno che si era appropriato di uno dei desideri, faceva di tutto per poterglielo via dalle mani, reclamandone il possesso, ma fu del tutto inutile. In cambio la povera smemorata ricevette solo spinte, strattoni e anche qualche botta. A notte fonda, quando la caccia al tesoro terminò, i partecipanti si ritrovarono tutti quanti nuovamente sotto al palco affinché, i vincitori, ottenessero dal re l’attestato di possesso sul desiderio guadagnato. Mira, sconvolta per l’accaduto, seduta sul prato erboso dietro la folla esultante, assistette sconfitta alla proclamazione. Il primo premio fu per la reggia dai tetti rosa, poi venne il turno del cavallo prussiano, le perle dell’oceano e così via, fino a che tutti i suoi desideri non trovarono altri proprietari. Il re però, alla fine di tutto, non lasciò immediatamente il palco soddisfatto. Quantunque avesse elargito così tanti beni ai suoi sudditi non realizzò il suo intento fino a quando non ebbe chiamato l’ultima persona che piagnucolava sconsolata sotto al palco:
Mira!
Disse a gran voce, più e più volte. La donna incredula si fece spazio tra i presenti e, piena di aspettative, si avvicinò all’uomo che infondo, secondo la sua visione, l’aveva ingannata e derubata fin dal principio. Il regnante allora le porse una bellissima pergamena sigillata con un filo d’oro dicendole amorevolmente:
Mia cara Mira, questa è per te, la ricompensa per non aver smesso di provarci!
Solo quando la piazza divenne solitaria e silenziosa Mira, con mani tremanti, slegò il nastro dorato, scoprendo con delusione come la pergamena donatagli dal re fosse completamente bianca, candida, immacolata.
Capisci Mira…
La voce che sopraggiunse alle sue spalle era quella della fata dalla pelle blu che non l’aveva mai abbandonata dal primo incontro sulla brughiera, solo che Mira aveva smesso di vederla, presa com’era da tutti quei sentimenti contrastanti dai quali si era lasciata sopraffare.
Non lasciare che siano i desideri luccicanti a modellarti, perché in quel caso non ti apparterranno mai realmente. Dovrai essere invece modellare i tuoi sogni secondo il tuo vero sé. Non sarà certamente un’impresa facile, per farlo dovrai lasciare che esso si esprima senza condizioni, soltanto in questo modo non rischierai di perderti ancora.
Mira abbandonò il castello Ho’omaopopo con una nuova speranza nel cuore. Questa volta scelse un sentiero che non aveva mai battuto, non le importava più sapere chi fosse stata prima di quel momento. Si trattava del passato e lei non era certamente più la stessa persona. Possedeva una nuova pergamena ed era ben consapevole che sopra vi avrebbe scritto ciò che poteva aiutarla a sentirsi la nuova Mira e non quell’insignificante donna che desiderava solamente rendersi accettabile agli occhi delle persone che non facevano il minimo sforzo al fine di conoscerla realmente.
Testo di Tamara Barbarossa (@tamara_barbarossa)
Illustrazioni di Barbara Aimi (@aimi.barbara)
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