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I GRUCCIONI E IL RAGNO GATTO

rubrica: Racconti Sensoriali


Ogni verde si è ingiallito, chiome degli alberi a parte. Le spighe pungono e accarezzano i polpacci mentre mi avventuro su per la collina. Caldo umido che annuncia l’estate e comincia a tagliare il respiro, perché il sole è alto e fa il suo dovere, anche se velato. Lungo il sentiero appena accennato, mi si para davanti in maniera oserei dire prepotente una pianta di malvone. Ma chi si crede di essere, con quel fiore fucsia e sfacciato? È bello però, e non riesco a resistergli; mi avvicino per annusarlo. «Sei decisamente più bello che profumato», gli dico sorridendo, e poi proseguo oltre. Come se quella non fosse una collina ma una pista da ballo e il malvone fosse un audace ballerino che si è proposto nel modo sbagliato.


Un suono familiare mi riporta nel qui e ora: il gorgheggiare dei gruccioni che arrivano per la bella stagione. Il mio cuore esplode nel vedere questi uccelli dai colori dell’arcobaleno librarsi sulla mia testa. Aprono le ali simili a ventagli e si muovono leggeri, come dei bambini che giocano a rincorrersi. Non smettono di fare glu glu glu, un verso così particolare che per me è impossibile confonderlo con quello di qualsiasi altro uccello. Il loro arrivo qui segna la fine del freddo. Rallegrata da quel passaggio, mi avvicino a una rigogliosa lavanda francese e noto qualcosa di strano su uno dei ricchi fiori viola. Si tratta di un bombo, stranamente immobile. Non ronza come i suoi compagni volando goloso da un fiore all’altro. Osservando ancora più attentamente, mi rendo conto di essere difronte a una scena cruenta: attaccato alla testa del grosso impollinatore c’è un ragno che lo sta divorando! Una specie mai vista, che soprannomino subito il ragno gatto, per via di forma e colore. Il corpo è bianco candido e ha due segni gialli sul corpo che lo fanno rassomigliare proprio a un gatto dall’espressione diabolica. Rimango un lungo tempo ad osservarlo, incantata da quell’insolito aspetto e meravigliata dall’attacco lento e inesorabile. Così è la natura: bellissima e fatale.



Testo e fotografia di Carla Marcialis




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