I Giardini dei ricordi e della cura
rubrica: I giardini che siamo
Esistono molteplici tipologie di giardino che, simbolicamente, possono rappresentare uno o più aspetti di noi: dal giardino zen rigorosamente formale al giardino naturale e un po’ spettinato, dal giardino secco e a bassa manutenzione a quello di ispirazione rinascimentale, verde, lussureggiante, quasi grafico nei suoi dettagli.
Giardini come racconti di Vita e di Potere
I giardini sono luoghi di memoria, fisica e metaforica: così, nei grandi giardini delle abbazie medievali, ad esempio, una parte era dedicata al pomarium, luogo degli alberi da frutto, simbolo di rinascita spirituale e vita eterna che, non a caso, venivano posizionati accanto alla zona dedicata della sepoltura dei monaci.
In via generale, a bene vedere, i giardini sono bellissimi racconti di vita e di epoche vissute, biografie a cielo aperto che narrano sempre qualcosa del proprio creatore o committente: storie di rifugi spirituali e di meditazione, di cavalieri e amori proibiti, di incanti ed erbe magiche; o ancora, storie di potere e sopraffazione, come i giardini di Versailles attraverso i quali, l’immenso Le Nȏtre, riuscì ad esprimere gli intenti di un Re Sole che a tutto voleva sovraintendere, secondo la logica di un “buon governo (autoritario) che aveva ogni aspetto della vita del Paese sotto controllo”.
Giardino e potere hanno spesso tra loro una stretta relazione, anche se non sempre così evidente: nel XVI – XVII secolo, ad esempio, la manifestazione del potere politico passava – di paese in paese - attraverso le incisioni raffiguranti i Giardini delle principali Corti Europee, disegnati in pianta dall’alto, perché tutti potessero avere immediata visione e percezione (e quindi la totalità complessiva in un mix di grandezza fisica e simbolica) della magnificenza e della maestosità del Potere.
Esiste però anche un altro tipo di Potere intrinseco che un giardino racchiude ed esprime in quanto microcosmo dove le interazioni uomo-natura rivelano il potenziale, appunto, di entrambi attraverso meccanismi di dare e ricevere, osservare e imparare, cura e rispecchiamento. Ed è proprio in questa seconda accezione di Potere – di cui il giardino è portatore - che si inserisce un filone – meno conosciuto ai più - costellato di racconti e autobiografie di epoca moderna e contemporanea, in cui si parla di giardini dei ricordi e della cura, quelli da cui ripartire, quelli che curano come un balsamo o quelli a cui ritornare.
Trasformare il Veleno in Medicina
A questo proposito, di recente mi sono imbattuta nel bellissimo progetto “Una iris per non dimenticare”, dove il giardino ha avuto un’importanza cruciale per la vita di Cristina Mostosi, sorella di Paola, a sua volta vittima di femminicidio. L’immenso dolore di una perdita straziante e irrazionale, che potrebbe condurre alla follia e al dolore senza fine, nel corso degli anni ha trovato dimora in un vecchio giardino di famiglia, dove il Sig. Mostosi, padre di Paola e Cristina, era solito collezionare iris meravigliose e dove Cristina - pur inizialmente estranea alle attività di giardinaggio - a poco a poco è ritornata, per continuare un’opera che ha in parte lenito la sofferenza della perdita, risvegliato il potenziale creativo e immaginifico e spinto a “buttare il cuore oltre l’ostacolo” per ripartire e creare progetti legati al tema della gentilezza e della fioritura, all’insegna della lotta contro la violenza di genere. Ed è così che Cristina continua oggi a portare la sua esperienza presso enti, comuni, istituzioni e aziende, creando aiuole di iris in tutta Italia, per sostenere un cambiamento culturale che vede nelle iris del giardino di famiglia un simbolo di riscatto, di metamorfosi, di rinascita e trasformazione di un terreno, ma anche, metaforicamente, nel cuore di chi partecipa alle sue iniziative.
Ciò che mi colpisce di questa vicenda è il fatto che un giardino abbia oltrepassato i propri confini e portato semi di consapevolezza al di fuori dei propri cancelli; un giardino che, come immenso crogiolo alchemico, ha operato sulla sua proprietaria, rendendola capace di trasformare il veleno in medicina.
Gli orti- giardini dei ricordi
Da quando ho intrapreso questo cammino, nel mio narrar di giardini fisici e metaforici, di ortoterapia, di letteratura e albi illustrati a tema Natura, non di rado ho ascoltato storie di memorie sepolte e poi riaffiorate (che splendida la parola “riaffiorare”, poi, che nella sua etimologia ci riconduce ai fiori) grazie ad un terreno, un podere, un quadrato di giardino di calviniana memoria, che ha permesso una rinascita, una scommessa su di sé, una nuova possibilità di vita condivisa. Spesso si tratta di giardini di campagna antichi, custoditi per molto tempo con amore e poi lasciati al proprio corso dopo la morte dei loro proprietari.
L’eco di cotanto amore tuttavia non muore. Ci sono persone che sono riuscite ad ispirare vere e proprie rivoluzioni nella vita di qualcun altro semplicemente attraverso la memoria dei loro gesti quotidiani, rimasti impressi nelle persone a loro vicine. Penso, ad esempio, a persone comuni che si incontrano nel quotidiano, sul proprio cammino; possono essere semi sconosciuti che entrano a fare parte della nostra vita oppure amatissimi parenti come una prozia o un nonno; persone di cui, quando chiudi gli occhi, è facile ricordare il sorriso amorevole e bonario unito ad un certo luccichio degli occhi.
Mio nonno è stata una di queste persone e la rivoluzione a cui ha dato avvio è iniziata fin da bambina, semplicemente tenendomi in braccio sulle sue ginocchia quando stavamo a tavola, a condividere insalate e pezzetti d’aglio. Questo, insieme a tanti altri momenti del nostro vivere insieme in campagna, è ciò che è bastato a farmi promettere che sarei stata fedele alla sua eredità. Non c'è stato un momento preciso, una promessa giurata a bassa o ad alta voce, un giuramento solenne. Nulla di tutto ciò. Si è trattato, invero, di una lenta quanto inesorabile presa di coscienza che, a partire dall'infanzia, ha accompagnato tutta la mia vita fino ad oggi. Ricordo ancora le sue mani nodose legare con sapiente pazienza e lentezza le viti coi fuscelli di salice, precedentemente raccolti, selezionati e lasciati ammollo in acqua perché diventassero flessibili; e ancora, lo ricordo ad intrecciare cipolle, dopo la raccolta, perché asciugassero per bene.
A questo proposito, Il giardino di Babushka di Jordan Scott e Sidney Smith edito da Orecchio Acerbo nel 2024, è un albo illustrato che ha come tema il rapporto tra nonni e nipoti in cui la Natura e l’orto-giardino sono in qualche modo il collante tra due generazioni lontane, attraverso cui imparare la cura e accettare la perdita o i cambiamenti che la vita riserva.
Il giardino di Babushka è una storia commovente sul filo del ricordo autobiografico dell’autore che ricorda la nonna polacca, emigrata in Canada, dalla quale veniva accompagnato ogni giorno prima di andare a scuola; l’albo è reso magnificamente dalle illustrazioni pittoriche di Sidney Smith che ci porta dentro ad una cucina familiare, zeppa di verdure fresche o conservate in barattoli preparati con cura e dove odori, profumi, colori e gestualità contribuiscono a creare l’atmosfera accogliente, calorosa e amorevole in cui tutti i bambini dovrebbero stare.
“Quando piove, Babushka cammina lenta. Canticchia piano o forte canzoni che non capisco. Babushka cammina lenta perché cerca i lombrichi.”
Non è il linguaggio a legare nonna e nipote, considerato il gap linguistico dovuto all’immigrazione della vecchia generazione, ma i gesti e le piccole cose di un quotidiano condiviso che parlano di cura e attenzione per l’orto, per la cucina e il cibo; le stesse attenzioni che prima passano da nonna a nipote in una direzione e che ritornano anni dopo, in senso inverso, da parte del bambino - ormai diventato adulto - alla sua Babushka quando questa non potrà più vivere da sola.
In questa storia commovente dall’inizio alla fine, ci sono un prima e un dopo, in mezzo ai quali tutto cambia; ma ciò che rimane è la Natura mediatrice, che è sfondo e protagonista al tempo stesso di una relazione di cura tra la nonna e l’orto-giardino prima, quando Babushka si dedica alla preziosa custodia dei semi, e tra la nonna e il nipote poi, al quale i semi verranno affidati affinché il ciclo continui e la vita possa essere perpetrata nonostante passaggi e trasformazioni talvolta dolorosi.
Il giardino di Babushka, lo consiglio perché… È un albo denso di significato che può essere di supporto nel lavoro con gli anziani e/o con i bambini e perché permette di intessere relazioni di cura tra generazioni diverse attraverso la mediazione della Natura.
Per approfondire:
Progetto botanico
Testo e fotografie di Milena Bellonotto
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